Il 5 marzo 2026 la Suprema Corte decide sui due fronti
La vicenda giudiziaria sulla morte di Samuele De Paoli, il giovane di Bastia Umbra trovato senza vita il 27 aprile 2021 nelle campagne di Sant’Andrea delle Fratte, approda alla Corte di Cassazione per l’ultimo e più delicato passaggio. La V sezione penale discuterà il caso il 5 marzo 2026, chiamata a esaminare i due ricorsi presentati dopo la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Perugia, che il 22 gennaio 2025 aveva assolto Hudson Pinheiro Reis Duarte, conosciuta come Patrizia, riconoscendo la legittima difesa.
La decisione della Suprema Corte arriva al termine di un percorso processuale segnato da valutazioni tecniche complesse, ricostruzioni divergenti e un confronto serrato tra accusa e difesa. Il Procuratore generale Sergio Sottani ha impugnato la sentenza chiedendo l’annullamento dell’assoluzione o, in alternativa, la qualificazione del fatto come eccesso colposo di legittima difesa, sostenendo che la dinamica dello scontro meriti un ulteriore scrutinio. Sul fronte opposto, gli avvocati Francesco Gatti e Fabio Basile, difensori dell’imputata, hanno presentato un ricorso mirato a eliminare ogni riferimento alla “sussistenza astratta” dell’omicidio preterintenzionale, ritenendo inconciliabile tale formulazione con l’assoluzione piena pronunciata dalla Corte di Assise di Appello.
La ricostruzione dei fatti, emersa nei due gradi di giudizio, descrive un incontro avvenuto in auto in una zona isolata, seguito da una colluttazione violenta che si sarebbe sviluppata prima nell’abitacolo e poi all’esterno. De Paoli morì per crisi vagale durante lo scontro. I giudici d’appello hanno ritenuto che Patrizia avesse reagito a un’aggressione improvvisa e particolarmente intensa, escludendo qualsiasi volontà omicida e riconoscendo la natura difensiva delle sue azioni.
In vista dell’udienza in Cassazione, l’avvocato Francesco Gatti ha ribadito la posizione della difesa, sottolineando la consapevolezza della complessità tecnica del caso e la volontà di affrontare con serenità anche quest’ultima fase del procedimento, nella convinzione della innocenza della propria assistita. Una linea che richiama quanto sostenuto sin dall’inizio: la morte del giovane sarebbe avvenuta in un contesto di reazione a un’aggressione, non per un atto volontario.
A quasi cinque anni dai fatti, il caso resta carico di interrogativi e tensioni interpretative. La decisione del 5 marzo 2026 potrebbe chiudere definitivamente un procedimento che ha attraversato perizie, testimonianze e valutazioni giuridiche complesse, mantenendo alta l’attenzione pubblica e istituzionale. La Cassazione sarà chiamata a sciogliere gli ultimi nodi, definendo se confermare l’assoluzione o riaprire il quadro giuridico su cui accusa e difesa continuano a confrontarsi.

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