All’Esperia arriva il grande Natalino Balasso

E’ per l’8 gennaio alle ore 21.00 l’imperdibile appuntamento con Natalino Balasso. Lo abbiamo visto sui palchi dei più grandi teatri. In tv. In libreria. E sopratutto lo troviamo on line, dove tra i video e la sua “Telebalasso” spopola con oltre 10 milioni di visualizzazioni negli ultimi 4 anni.

Ora finalmente possiamo gustare tutto il meglio del suo repertorio nel teatro “di casa”, a Bastia Umbra, con lo spettacolo “Stand Up Balasso”. Sulla scena solo un microfono vintage, ancora con il filo, la luce fissa di un occhio di bue e lui, il comico, in piedi, altrimenti non sarebbe uno “stand up”. Non c’è nessun filo conduttore, in compenso c’è tanta comicità, il meglio di 10 anni di Balasso.

Un concentrato di parole senza fronzoli, una carrellata di battute, monologhi tragicomici, modi di dire, ragionamenti sul filo dell’assurdo, riflessioni indignate contro il mondo e interpretazione dei difetti che appartengono a tutti noi. Basta per davvero un microfono e la voglia di raccontare in che assurdo mondo viviamo.

Più di due ore di zapping in puro stile Balasso, concentrato in un’unica performance che raccoglie tutti gli espedienti della Commedia dell’Arte.

Lo spettacolo risulta così un’antologia comica durante la quale l’attore gioca con i diversi registri linguistici e tutte le varianti della risata: da quella sottile nata dai doppi sensi e dai giochi di parole, a quella più amara che sottolinea le miserie e i difetti umani, fino a quella di pancia, per cui si ride fino alle lacrime. Una valanga verbale travolgente, scagliata contro il pubblico come un vero e proprio tsunami di comicità assoluta.

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Pubblichiamo una intervista fatta dal Corriere dell’Umbria.

Balasso, il suo spettacolo non segue un filo conduttore, ma si ride dall’inizio alla fine. E’ così?
“E’ un lavoro teatrale tratto da diversi monologhi che parlano di e poche passate: ce n’è uno sui miti greci, Ercole in Polesine; un altro sull’anno 0, L’idiota di Galilea, e un altro ancora ambientato negli anni Trenta, intitolato Latosa e lo storione e vi ho inserito anche una parte dell’happening teatrale Fogin theatre. Ho scelto temi che trattano soprattutto di religione, della vita di Gesù ma che sconfinano nel surreale”.

La voglia di passato le fa prendere le distanze dal presente? “Più guardiamo indietro e più riusciamo a cogliere l’universale delle storie umane, quello che riguarda noi oggi è già stato attraversato ieri. E ripercorrerlo a ritroso fa acquisire consapevolezze. Se invece portiamo sul palco l’attualità si rischia di cogliere solo il dettaglio delle cose, non la loro essenza”.

Quindi niente satira politica? “Non mi piace farla. Non penso prendere un mostro e scagliarcisi contro.Penso che quanto succede sia il frutto dei comportamenti di tutti noi, perciò è più corretto parlare dei nostri difetti invece che di quelli del potente di turno che serve solo a scaricarsi la coscienza”.

Per lei qual è la storia più universale di tutte? “Nell’Occidente è sicuramente il Vangelo. Dentro c’è tutto: dai miti greci alle trame de Le mille e una notte”.

E la sua fiaba preferita? “Pinocchio. Ogni volta che lo rileggo lo trovo più attuale. Per esempio, leggi del campo dei miracoli e pensi alla Borsa di oggi. E’ incredibile, come tutto corrisponda”. Nei suoi monologhi però non ha mai parlato della marionetta di Collodi… “Ne hanno parlato benissimo altri, da Comencini a Benigni, fino a Carmelo Bene.

Perché farlo io?”. Lei è un capocomico di grande esperienza, ma che significa oggi avere questo ruolo in una compagnia? “Posso dire che senso ha per me: dare ai giovani la generosità che io non ho avuto. Quando ho iniziato a muovere i primi passi in questo ambiente ho dovuto imparare tutto da solo; solo in un secondo momento ho trovato guide importanti come Marco Paolini. Perciò oggi la mia missione è quella di non lasciare soli i giovani, anche semplicemente per offrire loro una spalla su cui appoggiarsi”.

A lei sono mancati i maestri? “Sì, ma considero Dario Fo la guida per eccellenza della comicità italiana. Poi ho adorato Giorgio Gaber per il coraggio che ha avuto di affrontare temi difficili in anticipo sui tempi e di farsi seguire dal pubblico”.

Come si esce dal suo spettacolo? “Stanchi di ridere, sono tutti brani comico-grotteschi che non danno tregua”.
Insomma, fuochi d’artificio? “Sì, ma senza pericoli”. Un augurio per il 2015. “Riuscire ad avere un anno normale. E’ già una conquista senza puntare allo straordinario”.

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