Piano di Recupero Area Franchi, alcune considerazioni di Erigo Pecci

Da oggi potrebbe avere un altro nome, Piano al Carciofo dell'Area Franchi

Convenzione del Piano Franchi, l'integrazione è la strada più rapida

Piano di Recupero Area Franchi, alcune considerazioni di Erigo Pecci. Da Erigo Pecci – BASTIA UMBRA – Avrei necessità di condividere un’opinione sull’ultimo passaggio in Consiglio Comunale del Piano di Recupero dell’Area Franchi. Così modestamente, da uno che della vicenda qualche volta se ne è occupato. Direi che il piano Franchi o meglio detto Piano di Recupero Area Franchi da oggi potrebbe avere un altro nome, Piano al Carciofo dell’Area Franchi.

Perché al carciofo? perché come un Carciofo è stato sfogliato. Mi spiego. Erano tre i cardini iniziali attorno a cui ruotava tutto il progetto.

La delocalizzazione dell’azienda per mantenere nel territorio di Bastia Umbra l’occupazione.
Il recupero per integrare l’area col contesto urbanistico circostante e integrarla nel tessuto cittadino
Il sottopasso di via Firenze e la viabilità integrata nei servizi del piano che avrebbe dovuto non solo soddisfare le contingenze, ma migliorare nel complesso gli attuali collegamenti intra-urbani.

Anni di valutazioni hanno via via sfogliato/spogliato il Piano, che, non dimentichiamo, aveva già passato la fase di approvazione, basato appunto su quei tre cardini, ed era dunque pronto a diventare esecutivo. Invece, dopo aver gettato nel cestino il lavoro precedente, a distanza di 8 anni con l’ultimo deliberato non si sente più parlare della delocalizzazione.

Eppure La delocalizzazione era garantita o quantomeno favorita da un protocollo di intesa tra la proprietà dell’azienda e il Comune, un protocollo d’intesa molto stringente dove si individuavano puntualmente i terreni di destinazione a Ospedalicchio, aree che sarebbero state trasformate da terreni agricoli a Industriali proprio per consentirne l’utilizzo, con apposito SUAP appunto imbastito dalle Amministrazioni precedenti.
Nell’ultimo dei deliberati non solo non se ne parla di questo cruciale aspetto, ma non si cita nemmeno minimamente la necessità che questo accada. Ed è necessario dunque che tutte le forze politiche su questo si esprimano per cercare una soluzione in tal senso.
Oggettivamente in quell’area l’Azienda non può più stare e ha bisogno di una sua ricollocazione con un percorso guidato dall’Amministrazione – è anche questo il ruolo che chi guida una città è chiamato a ricoprire.

Altro cardine importante è il Sottopasso di via Firenze – la nostra Salerno/Reggio Calabria. Un’opera attesa da anni, uno dei punti della campagna elettorale del sindaco Stefano Ansideri e molto enfatizzato dai componenti dell’Amministrazione come la vittoria del bene sul male, la cui realizzazione è da anni imminente. Ad oggi, alla fine della seconda legislatura nulla di certo se ne sa più. Bisogna ricordare che vi sono dei vincoli al rilascio delle concessioni edilizie e all’agibilità degli immobili, che rendono la realizzazione del Sottopasso propedeutica alle agibilità.

Le condizioni sono cambiate e la Proprietà è certamente legittimata a chiedere una revisione degli accordi, ma è innegabile che non sono venute meno le necessità del Sottopasso per i bastioli – necessità resa ancora più stringente in questa fase di stallo per la sistemazione del ponte sul Tescio/chiascio.
Fingere che tutto sia in ordine, coprendolo con un velo di silenzio, o voler risolvere il problema con qualche proclama politico è inutile oltre che controproducente.
L’Autorità di Bacino del fiume Tescio ha decretato che la zona che va dal fiume Tescio alla ferrovia è zona esondabile, quindi le opere realizzate in questa zona hanno bisogno dei criteri di valutazione strategici ben diversi per rispettare i standard urbanistici di sicurezza. E questo vincolo non interessa solo il sottopasso ma tutti gli edifici che ricadono nell’area. A questo punto sarebbe auspicabile la rivalutazione degli accordi con la proprietà, visto che i 600.000 euro stimati per la realizzazione degli argini, non possono e non devono ricadere sulle casse Comunali. Mettere in sicurezza il fiume vuol dire mettere in sicurezza i residenti e permettere a chi vuole di apportare modifiche alla propria abitazione.

Far finta che questi problemi siano superabili con Mozioni di Consiglio o scaricare la risoluzione del problema su altri enti è demagogia politica morta, che prima o poi presenterà il conto.

Dei tre cardini via via sfogliati resta solo il Recupero Edilizio in se per se, ossia l’aspetto edificatorio, e i conseguenti interessi. A questo punto non si può lasciare l’area abbandonata cosi come oggi. E dopo la disastrosa condotta dell’iter del Piano, vedi i ripetuti passaggi in Sovrintendenza, è necessario accelerare per non perdere le risorse ad oggi disponibili e non rimanere con il degrado e i rischi igienici a ridosso del centro città. E’ vero, le valutazioni sulle destinazioni e sui volumi sono sicuramente negative visto l’enorme impatti che avranno i 240.000 metri cubi di cui dispone il piano e la Social Housing desta diverse perplessità. Ma se l’Amministrazione sarà in grado di governare il processo senza rinunciare al Sottopasso e alla Delocalizzazione, ossia senza lasciare che il tutto diventi solo speculazione edilizia, allora la ricaduta per i Bastia sarà positiva e potremmo da qui ripartire per rilanciare la città e combattere il Degrado in cui siamo caduti.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*