
Ritorni, esordi e restauri al centro della nuova stagione
Con “Scomode verità” Mike Leigh firma un altro ritratto affilato di dinamiche familiari disfunzionali. Protagonista è Pansy, donna dura e rabbiosa, trasformata dal dolore in una figura sgradevole, chiusa in una spirale di aggressività che coinvolge chiunque le stia intorno: il marito, il figlio, la sorella, ma anche perfetti sconosciuti. La perdita della madre e una vita segnata da mancanze hanno radicato in lei un rancore che si manifesta in continue provocazioni verbali e comportamenti autodistruttivi. Leigh osserva e restituisce, senza moralismi, il modo in cui la sofferenza personale si riverbera negli affetti più vicini, disegnando un ritratto impietoso e realistico, che rifiuta la consolazione.
“La trama fenicia” di Wes Anderson cambia completamente registro e tono. Il regista statunitense costruisce una nuova fiaba surreale in cui un miliardario anziano, Anatole Korda, soprannominato “Zsa-zsa”, affronta la sua fine con lucido cinismo. Dopo anni di incidenti e attentati scampati, decide di lasciare la propria fortuna all’unica figlia, una novizia misteriosa ed enigmatica. L’annuncio scatena le reazioni di un intero ecosistema di nemici, parenti opportunisti e vecchi alleati. In un’atmosfera da commedia noir, Anderson mette in scena una partita a scacchi piena di trabocchetti, travestimenti e piani incrociati. Il film riflette sulle eredità, sulla solitudine dei potenti e sul fragile equilibrio tra amore e interesse.
Stefano Chiantini firma con “Come gocce d’acqua” un racconto intimo e sospeso sul difficile rapporto tra un padre e una figlia. Jenny è una giovane nuotatrice che porta ancora le ferite dell’abbandono subito da bambina. Alvaro, il padre, ha lasciato la famiglia per inseguire un altro amore, e ora prova a ricostruire un legame andato in frantumi. Il loro riavvicinamento avviene in un momento drammatico: Alvaro scopre di essere malato. La malattia diventa un catalizzatore per una nuova possibilità, seppur goffa e incerta, di riconoscersi. Chiantini dirige con delicatezza, evitando il sentimentalismo, e riesce a mostrare la fatica di esprimere l’affetto, anche quando è autentico.
“Lilo & Stitch”, diretto da Dean Fleischer-Camp, è il remake in live action del celebre lungometraggio d’animazione Disney del 2002. La storia è nota: Lilo, una bambina hawaiana, adotta un piccolo alieno scambiato per un cane. Stitch, nome con cui viene ribattezzato, è in realtà un esperimento genetico fuggito da un pianeta lontano. Tra loro nasce un’amicizia profonda, che diventa l’asse portante di un racconto sull’inclusione, sull’accettazione delle differenze e sulla forza della famiglia, anche quando è costruita in modo inusuale. Il film, pur rimanendo fedele alla versione originale, rilegge la storia con nuovi volti e un’estetica contemporanea, mantenendo vivo il messaggio universale dell’opera.
Con “2073 – Ultima chiamata”, Asif Kapadia esplora un futuro inquietante attraverso un fanta-documentario che fonde fiction e realtà storica. Ambientato in una distopica New San Francisco, capitale delle Americhe, il film racconta un mondo governato da un’élite tecnologica, in cui l’aria è irrespirabile, la sorveglianza è totale e ogni forma di dissenso viene repressa. La democrazia è solo una memoria, e l’ambiente è ormai collassato. Attraverso la voce dell’umanità del futuro, Kapadia guarda al presente e lo scompone con uno sguardo critico, suggerendo connessioni tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare. L’operazione mescola linguaggi diversi, testimonianze finzionali e dati reali, in una narrazione ibrida e coinvolgente.
Chiude la rassegna “The Elephant Man” di David Lynch, proiettato nuovamente nelle sale in versione restaurata in 4K. Uscito originariamente nel 1980, il film ripercorre la vicenda reale di John Merrick, un uomo affetto da gravi deformazioni fisiche, sfruttato nei baracconi da circo e poi accolto in un ospedale dal dottor Treves. Lynch adotta uno stile sobrio e misurato, distante dal suo consueto immaginario onirico, e realizza un’opera intensa e toccante che interroga il concetto stesso di umanità. Il restauro restituisce la potenza visiva del bianco e nero originale, valorizzando le interpretazioni e l’eleganza della regia.
Queste sei uscite cinematografiche compongono un panorama variegato, in cui trovano spazio riflessioni sulla famiglia, allegorie sociali, distopie ambientali e storie vere capaci di toccare il cuore. Un’offerta che unisce autorialità, intrattenimento e memoria, e che riporta ancora una volta l’attenzione sul grande schermo come spazio insostituibile per vivere le emozioni.
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