
di Luana Pioppi
(bastiaoggi.it) BASTIA UMBRA – Un omaggio ai 15mila bambini che sono stati rinchiusi nel campo-ghetto di Terezin (1941-1945), ai loro disegni e alle loro poesie simbolo di speranza ma anche della cruda realtà in cui erano costretti a vivere. Solo circa mille di loro continueranno a vivere, gli altri sono morti per mano dei nazisti, nei campi di concentramento. Ma la storia di quei quattro anni è ancora viva nei 4mila disegni ed alcune poesie che un’insegnante riuscì a salvare. Opere che ora sono esposte presso il Museo Ebraico di Praga.
E’ nel loro ricordo che l’Amministrazione Comunale di Bastia Umbra, in collaborazione con l’Accademia degli Sbalzati ed il Coro Aurora, ha realizzato lunedì una serata commemorativa della Giornata della Memoria, presso il Tetro Cinema Teatro Esperia, dal titolo “… quel che resta del giorno…”. L’evento è stato aperto da un intervento del sindaco Stefano Ansideri, e dall’assessore comunale alla cultura, Fabrizia Renzini, che avevano al petto una stella di David.
«È doveroso ricordare quello che è successo – ha dichiarato il primo cittadino di Bastia Umbra – perché le nuove generazioni possono fare qualche cosa di diverso rispetto ad 80 anni fa».
L’Assessore Renzini ha illustrato i motivi per cui è stato scelto il ghetto di Terezin. “Ricordare questi accadimenti – ha sottolineato l’Avv. Renzini – è molto doloroso ma nel contempo doveroso. Ogni morte violenta deve dar vita ad una riflessione profonda, di valore etico, sul perchè si è agito in tal senso, e la riflessione diventa ancora più profonda di fronte all’ingiustificata, irrazionale, oserei dire folle leadership di un solo uomo che ha volontariamente e preordinatamente causato lo sterminio di un intero popolo, quello ebraico. In ebraico Shoh sta per catastrofe, distruzione: ecco . . quel che resta del giorno . . . quel giorno in cui circa 15.000 bambini entrarono nel ghetto, poi campo di concentramento di Terezin, e di essi oltre 14.000 non fecero più ritorno a casa. Solo grazie ad un’insegnante di Storia dell’Arte che con coraggio è riuscita a sottrarre alla furia Nazista due valigie piene di scritti e disegni di questi poveri bambini, poi ritrovate ad Auschwitz, possiamo oggi affermare che ciò che resta di quel giorno è l’anima di tutte queste piccole vittime inconsapevoli di un folle progetto ed il loro prezioso bagaglio artistico-letterario che ancora oggi possiamo e dobbiamo far nostro”.
IL GHETTO DI TEREZIN – LA STORIA
Il ghetto di Terezin durante la seconda guerra mondiale fu il maggiore campo di concentramento sul territorio dello Cecoslovacchia. Fu costruito come campo di passaggio per tutti gli ebrei del cosiddetto “Protettorato di Boemia e Moravia”, istituito dai nazisti dopo l’occupazione della Cecoslovacchia, prima che gli stessi venissero deportati nei campi di sterminio nei territori orientali. Più tardi vi furono deportati anche gli ebrei della Germania, Austria, Olanda e Danimarca. Nel periodo in cui durò il ghetto – dal 24 novembre 1941 fino alla liberazione avvenuta l’8 maggio 1945 – passarono per lo stesso 140.000 prigionieri. Proprio a Terezin perirono circa 35.000 detenuti. Degli 87.000 prigionieri deportati a Est, dopo la guerra fecero ritorno solo 3.097 persone.
Fra i prigionieri del ghetto di Terezin ci furono all’incirca 15.000 bambini, compresi i neonati. Erano in prevalenza bambini degli ebrei cechi, deportati a Terezin insieme ai genitori, in un flusso continuo di trasporti fin dagli inizi dell’esistenza del ghetto. La maggior parte di essi morì nel corso nel 1944 nelle camere a gas di Auschwitz. Dopo la guerra non ne ritornò nemmeno un centinaio e di questi nessuno aveva meno di quattordici anni. I bambini sopportarono il destino del campo di concentramento assieme agli altri prigionieri di Terezin.
Dapprima i ragazzi e le ragazze che avevano meno di dodici anni abitavano nei baraccamenti assieme alle donne; i ragazzi più grandi erano con gli uomini. Tutti i bambini soffrirono assieme agli altri le misere condizioni igieniche e abitative e la fame. Soffrirono anche per il distacco dalle famiglie e per il fatto di non poter vivere e divertirsi come bambini. Per un certo periodo i prigionieri adulti riuscirono ad alleviare le condizioni di vita dei ragazzi facendo si che venissero concentrati nelle case per i bambini.
La permanenza nel collettivo infantile alleviò un tantino, specialmente sotto l’aspetto psichico, l’amara sorte dei piccoli prigionieri. Nelle case operarono educatori e insegnanti prigionieri che riuscirono, nonostante le infinite difficoltà e nel quadro di limitate possibilità, a organizzare per i bambini una vita giornaliera e perfino l’insegnamento clandestino. Sotto la guida degli educatori i bambini frequentavano le lezioni e partecipavano a molte iniziative culturali preparate dai detenuti. E non furono solo ascoltatori: molti di essi divennero attivi partecipanti a questi avvenimenti, fondarono circoli di recitazione e di canto, facevano teatro per i bambini. I bambini di Terezin scrivevano soprattutto poesie. Una parte di questa eredità letteraria si è conservata.
L’educazione figurativa veniva organizzata nelle case dei bambini secondo un piano preciso. Le ore di disegno erano dirette dall’artista Friedl Dicker Brandejsovà. Il complesso dei disegni che si è riusciti a salvare e che fanno parte delle collezioni del Museo statale ebraico di Praga, comprende circa 4.000 disegni. I loro autori sono per la gran parte bambini dai 10 ai 14 anni.
Utilizzavano i più vari tipi e formati della pessima carta di guerra , ciò che potevano trovare, spesso utilizzando i formulari già stampati di Terezin, le carte assorbenti. Per il lavoro figurativo i sussidi a disposizione non bastavano e i bambini dovevano prestarseli a vicenda.
Sotto l’aspetto tematico i disegni si possono suddividere in due gruppi fondamentali: da una parte di disegni a tematica infantile, in cui i piccoli autori tornavano alla loro infanzia perduta. Disegnavano giocattoli, piatti pieni di cose da mangiare, raffiguravano l’ambiente della casa perduta.
Disegnavano e dipingevano prati pieni di fiori e farfalle in fiore e farfalle in volo, motivi di fiaba, giochi di bambini. La maggior parte della collezione comprende questo tipo di disegni. Il secondo gruppo è formato da disegni con motivi del ghetto di Terezin.
Raffigurano la cruda realtà in cui i bambini erano costretti a vivere. Qui incontriamo i disegni delle caserme di Terezin, dei blocchi e delle strade, dei baraccamenti di Terezin con i letti a tre piani, i guardiani. Ma i bambini disegnavano anche i malati, l’ospedale, il trasporto, il funerale o un’esecuzione.
Nonostante tutto però i piccoli di Terezin credevano in un domani migliore. Espressero questa loro speranza in alcuni disegni in cui hanno raffigurato il ritorno a casa. Sui disegni c’è di solito la firma del bambino, talvolta la data di nascita e di deportazione a Terezin e da Terezin. La data di deportazione da Terezin è anche in genere l’ultima notizia del bambino. Questo è tutto quanto sappiamo sugli autori dei disegni, ex prigionieri bambini del ghetto nazista di Terezin. La stragrande maggioranza dei bambini di Terezin morì. Ma è rimasto conservato il loro lascito letterario e figurativo che a noi parla delle sofferenze e delle speranze perdute.
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